Le funzioni esecutive sono un argomento su cui, a ragione, si stanno concentrando molti studi di neuropsicologia. Facciamo insieme il punto sulle evidenze che abbiamo a disposizione.

1 – Aiutano a predire i risultati scolastici


Ci sono molte ricerche che dimostrano l’importanza delle funzioni esecutive nell’apprendimento scolastico, come quello matematico, letterario, scientifico. L’efficienza delle funzioni esecutive misurata con specifici test è correlata anche all’acquisizione della lettura.

Va però specificata una cosa importante: alte performance di funzioni esecutive aumentano la probabilità di buoni risultati scolastici (e viceversa per le basse performance) ma non ne sono affatto una garanzia. Siamo ben lontani dall’avere un unico fattore in grado di dirci con precisione il futuro di una persona.

2 – Sono coinvolte in tanti disturbi che interferiscono con l’apprendimento

Un’alterazione delle funzioni esecutive si riscontra con molta frequenza in tante condizioni, anche molto diverse fra loro. Ne sono alcuni esempi i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (dislessiadisortografiadiscalculia disgrafia), l’ADHD, l’autismo e i disturbi di linguaggio.

Trattandosi di situazioni molto differenti è lecito attendersi che il grado e il tipo di alterazione cambi molto in base al disturbo presentato, e in effetti è proprio così. Nel caso della dislessia per esempio, queste alterazioni non sono sempre presenti e, quando lo sono, si presentano di solito a livello lieve (nella maggior parte dei casi riguardano la memoria di lavoro).


3 – Maturano più tardi, per più tempo e decadono prima

Gli studi di neuroimmagine condotti con bambini molto piccoli mostrano che le aree prefrontali (fondamentali per l’integrità delle funzioni esecutive) sono quelle che maturano più tardi rispetto al resto del cervello. Inoltre le ricerche evidenziano che con l’adolescenza le prestazioni di queste funzioni cognitive incrementano maggiormente rispetto alle altre capacità, come memorialinguaggio e capacità motorie. Questo aumento perdura fino ai 20-30 anni (dati che cambiano molto da persona a persona ma anche in base al modo in cui vengono rilevate le performance nelle varie ricerche). Nonostante la loro importanza, sono anche le funzioni cognitive che decadono prima con l’avanzare degli anni (qui un articolo con i test per valutare le funzioni esecutive).

4 – Sarebbero potenziabili


Sebbene molte discussioni siano in ancora aperte sul tema, la grossa mole di ricerca prodotta negli ultimi anni in questo campo sembra dare previsioni ottimistiche. Le maggiori evidenze sono state fornite nel campo della riabilitazione di persone con cerebrolesione acquisita (solitamente per ictus o traumi cranici) ma un’ulteriore filone di ricerca sta dando risultati incoraggianti anche su adulti sani e nell’ambito di diverse condizioni frequenti in età evolutiva, come nel caso dell’ADHD e dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

5 – Attualmente non esiste un modello esaustivo

Benché tutti i modelli proposti partano da una definizione comune (più o meno esplicita), dopo decenni non si è ancora giunti a dare una spiegazione esaustiva di come operino le funzioni esecutive. Alcuni modelli teorici per esempio prevedono che le funzioni esecutive siano una funzione cognitiva unica, mentre altri prevedono che si tratti di un insieme di moduli fra loro distinti che cooperano nel compimento delle azioni complesse e nella gestione delle situazioni in cui siamo solitamente coinvolti; alcuni autori ipotizzano l’esistenza delle funzioni esecutive come un sistema comprendente le risorse attentive, mentre altri autori tengono separati questi due domini.

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