Molti test[1] usano immagini o oggetti fisici per aiutare le persone a produrre parole e frasi. Questo perché ci sono teorie che suggeriscono che il nostro cervello abbia un’unica area per l’elaborazione del significato, ma i diversi canali di input non vi accedono con la stessa facilità.
Potrebbe sembrare ovvio che vedere un’immagine di un oggetto come un martello ci permetta di pensare più rapidamente alle caratteristiche di quel martello rispetto alla parola stessa “martello”, che è solo un simbolo arbitrario. Tuttavia, studi hanno dimostrato che questo non è sempre vero[2], e che i tempi per nominare l’oggetto possono variare a seconda del canale utilizzato.
Sebbene la lettura di una parola sia generalmente più veloce della denominazione di un’immagine a partire dalla seconda elementare, l’assegnazione di un oggetto a una categoria è più rapida quando viene presentato come immagine piuttosto che come parola scritta. Gli autori si riferiscono a questo come “accesso privilegiato” e “relazione privilegiata” degli oggetti e delle immagini rispetto alle caratteristiche semantiche.
Quali sono gli accessi privilegiati sui quali abbiamo le maggiori evidenze?
- Gli oggetti hanno un accesso privilegiato alla memoria semantica rispetto alle parole [2]
- Le parole hanno un accesso privilegiato alle caratteristiche fonologiche rispetto alle immagini [2]
- In particolare, tra tutti gli aspetti semantici, gli oggetti hanno un accesso privilegiato all’azione da eseguire [3]
Negli ultimi anni, con l’emergere delle teorie “embodied” (come quelle di Damasio), sono stati condotti esperimenti più sofisticati sull’attivazione semantica legata agli oggetti che utilizziamo. Ad esempio, in uno studio recente[4], ai partecipanti è stato chiesto di rispondere muovendo una leva avanti o indietro dopo aver guardato delle immagini. Dovevano decidere se:
- Esperimento A: l’oggetto si utilizzava verso il corpo (es: spazzolino) o lontano da esso (es: martello)
- Esperimento B: l’oggetto era fatto a mano o era naturale
Gli autori hanno osservato l’effetto congruenza, cioè se i partecipanti rispondevano più rapidamente quando c’era una congruenza tra il tipo di oggetto e il movimento della leva (ad esempio, spazzolino – leva verso il basso). Mentre l’effetto di congruenza era atteso nel primo caso, è stato interessante notare che si è verificato anche nell’esperimento B, dove la domanda non riguardava l’uso dell’oggetto verso o lontano dal corpo. In qualche modo, l’immagine dell’oggetto “attiva” in modo implicito l’azione associata, anche se la domanda non si riferisce all’utilizzo dell’oggetto.
Quindi, l’accesso privilegiato sembra essere un fenomeno che coinvolge non solo le caratteristiche visive dell’oggetto, ma anche il nostro corpo e il modo in cui interagiamo con esso. Le teorie “embodied” suggeriscono che l’elaborazione del significato sia strettamente collegata all’esperienza corporea e alle azioni che possiamo compiere con gli oggetti.
Questi studi indicano che le immagini e gli oggetti possono avere un impatto più immediato sul nostro pensiero e sulla nostra comprensione rispetto alle parole scritte. Il nostro cervello sembra essere più rapidamente attivato e coinvolto quando interagiamo con il mondo reale attraverso gli oggetti visibili.
Comprendere l’accesso privilegiato può avere implicazioni importanti, ad esempio nel campo dell’apprendimento e della terapia del linguaggio. Utilizzare immagini o oggetti fisici potrebbe favorire una migliore comprensione e apprendimento del linguaggio, specialmente per le persone che hanno difficoltà con le parole scritte.
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