Negli Stati Uniti, circa il 15% delle persone muore nei giorni immediatamente successivi a un ictus. Coloro che sopravvivono manifestano già in fase acuta diverse menomazioni, dalla ridota mobilità degli arti superiori all’incontinenza urinaria, passando per disfagia e consapevolezza alterata. Una volta superata la fase acuta, se la persona è in età lavorativa, la preoccupazione principale è: potrò tornare a lavorare?
Una percentuale compresa tra il 22% e il 53% delle persone sopravvissute a un ictus ritorna a lavorare (con successo) entro i 12 mesi [1], ma a distanza di 5 anni solo il 19% dei sopravvissuti a un ictus mantiene il suo lavoro [2].
Quali sono i fattori che influenzano il rientro al lavoro (e il suo mantenimento)? Wang e colleghi [3] hanno analizzato la letteratura dal 1975 al 2011 individuando diversi fattori suddivisi in categorie.
Categoria 1: Variabili demografiche.
- Correlazione positiva: giovane età (<55 anni), anni di esperienza lavorativa
- Correlazione negativa: durata del ricovero (probabilmente legata all’entità del danno)
- Correlazione scarsa o assente: genere, stato civile, etnia
- Evidenze miste: livello di istruzione (potrebbe essere legato al tipo di lavoro, cfr. punto 7)
Categoria 2: Strutture corporee
- Correlazione scarsa o assente: il lato e la sede dell’ictus
- Evidenze miste: il tipo di ictus (ischemico o emorragico)
Categoria 3: Funzioni corporee
- Correlazione negativa: la severità dell’ictus, come prevedibile, è il fattore che maggiormente correla (negativamente) col rientro lavorativo
- Evidenze miste: danni cognitivi pi fumati (funzioni esecutive, flessibilità, abilità visuospaziali) sicuramente influenzano la possibilità di svolgere determinati lavori, ma sono stati indagati in modo meno sistematico
Categoria 4: Partecipazione ad attività sociali
- Correlazione positiva: un maggior numero di abilità di vita quotidiana è correlato alla possibilità di ritornare al lavoro. Anche la possibilità di camminare e correre per brevi distanze correla positivamente con la possibilità di riprendere a lavorare. Altro fattore importante è, ovviamente, quello della corrispondenza tra le abilità residue della persona afasica e le richieste previste dal suo lavoro
Categoria 5: Fattori psicosociali e personali
- Correlazione positiva: il valore attribuito al lavoro, il non percepirsi di ostacolo al lavoro dei colleghi e la non paura di fallire nell’esecuzione del proprio lavoro. Un supporto familiare forte è un altro fattore che correla positivamente col rientro al lavoro, così come la flessibilità e la capacità di stabilire obiettivi realistici.
- Correlazione negativa: depressione al follow-up (ma non nei giorni successivi allo stroke)
Categoria 6: Fattori ambientali
- Correlazione positiva: un ambiente di lavoro flessibile e una rete di sostegno sul lavoro sono fattori che agevolano il reinserimento lavorativo; anche benefits relativi alla disabilità o allo stato di malattia, così come la presenza di servizi riabilitativi professionali agevolano il rientro lavorativo.
Categoria 7: Fattori relativi al tipo di lavoro
- Correlazione positiva: i lavori manageriali e da “colletti bianchi” correlano positivamente col rientro al lavoro; negli Stati Uniti, uno stipendio annuo da 30’000 dollari è un fattore positivo per il rientro lavorativo in quanto, se lo stipendio annuo è inferiore all’assegno di invalidità, la persona afasica non sarà incentivata a rientrare al lavoro; anche il tipo di datore di lavoro (governo, privato, libera professione) e il settore di impiego (pubblico o privato) influenzano il rientro lavorativo.
Se dovessimo tracciare un profilo del candidato ideale per il rientro lavorativo, probabilmente parleremo di una persona relativamente giovane, con un tempo di degenza ospedaliera breve, senza danni severi sia fisici che cognitivi, con una buona autonomia nella vita di tutti i giorni, una buona rete sociale, un buon ambiente di lavoro e un impiego professionale o da “colletto bianco”.
Tuttavia, pur non potendo modificare alcuni di questi fattori (come il grado di severità dell’ictus) possiamo intervenire su molti altri, tra cui sicuramente i fattori ambientali e lavorativi. Ambienti di lavoro più flessibili e meno competitivi, una rete di supporto familiare e sociale forte, un maggior senso di autoefficacia, sono tutti fattori che possono essere potenziati attraverso interventi adeguati.