Parliamo oggi di un concetto largamente utilizzato nella vita di tutti giorni e cominciamo a farlo partendo dal suo significato: l’intelligenza e il QI

Diverse teorie

Sappiamo realmente che cos’è? Possiamo rispondere con un semplice no. Perché? Banalmente, perché nella comunità scientifica non esiste una definizione di intelligenza su cui ci sia comune accordo. Nonostante ciò, tutti (chi più, chi meno) abbiamo un’idea del concetto di intelligenza, almeno a livello intuitivo.

In ambito scientifico si è cercato di darne molte descrizioni e qui proviamo a fornire una spiegazione semplice che tenti di racchiudere gli elementi in comune delle varie definizioni: l’intelligenza è la capacità di adattare il proprio pensiero di fronte al mutare delle circostanze, al fine di raggiungere determinati obiettivi.

A molti questa definizione sarà parsa molto vaga, al punto da far rientrare in questo concetto quasi ogni abilità. E così è successo! Basti pensare alla teoria delle intelligenze multiple di Gardner che considera anche le capacità motorie come forma di intelligenza.

Un modello teorico cui spesso si fa riferimento è quello di Cattell che divide l’intelligenza in intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata. La prima si riferisce alla capacità di affrontare e risolvere problemi la cui soluzione non dipende da conoscenze pregresse, la seconda invece si identifica con la capacità di utilizzare competenze e conoscenze acquisite con l’esperienza.

Sono state formulate anche altre teorie sull’intelligenza ma, a parte quella di intelligenza emotiva di Salovey e Mayer, hanno avuto scarsa ricaduta pratica.

È invece importante tenere a mente il modello teorico dell’intelligenza fluida e dell’intelligenza cristallizzata per provare a comprendere il senso dei test del QI di cui stiamo per parlare.

test del QI sono delle prove che tentano di stimare l’intelligenza di un individuo in base alle risposte fornite. Il loro più grande problema è che, mancando una chiara definizione di intelligenza, non si sa realmente cosa misurino e infatti molti sono stati costruiti senza reali presupposti teorici. Nonostante tutto, continuano a essere largamente utilizzati per la loro cosiddetta validità predittiva, cioè per la loro capacità di predire (almeno in parte) il successo futuro delle persone nello studio e nel lavoro (mediamente il 20-25% dei risultati futuri).

Molti genitori, al momento di portare il proprio figlio a fare una valutazione neuropsicologica (solitamente per difficoltà di apprendimento), si incuriosiscono o si spaventano all’idea che quest’ultimo venga sottoposto a test di intelligenza. Non è affatto raro che chiedano a chi ci è passato prima di cosa si tratti, che cosa significhi il punteggio del QI, quando si considera alto e quando basso, ecc.
Proviamo a fare chiarezza.

Che cos’è il Q.I.?

È un concetto molto semplice: si tratta di un punteggio che ci dice quanto una prestazione si allontana dalla media. Può sembrare complicato ma adesso apparirà più semplice. Il Quoziente intellettivo ha media 100, cioè se disponessimo le persone su una scala da 1 a 100, gli individui al 50° gradino avrebbero un QI di 100 (50° percentile). Questo vuol dire che con un punteggio superiore a 100 si avrà una prestazione superiore alla media e al di sotto il contrario. Solitamente si considerano normali QI tra 85 e 115 (all’interno dei quali ricade circa il 68% della popolazione) e si considerano prestazioni da deficit intellettivo punteggio inferiori al 70.

Come si misura il Q.I.?

I test di intelligenza più usati possono essere ricondotti (seppur con qualche forzatura) al già citato concetto di intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata.

I più utilizzati sono le Matrici Progressive di Raven (solitamente le PM 38 e le PM 47) e le scale Wechsler (in Italia le più recenti sono la WPPSI-III, la WISC-IV e la WAIS-IV).

Nel primo caso si fa riferimento al concetto di intelligenza fluida e di conseguenza i test consistono nella risoluzione di problemi che per essere risolti non richiedono conoscenze pregresse (almeno in teoria sono svincolati dal livello culturale della persona esaminata). SI tratta di figure incomplete a cui manca un pezzo per essere completate. Il compito del soggetto è proprio quello di scegliere il pezzo mancante.

Nel secondo caso si tratta di test che in parte misurano l’intelligenza fluida (di solito con compiti simili a quello appena descritto e compiti di altro tipo, come la riproduzione di immagini tramite cubi colorati) e in parte l’intelligenza cristallizzata (compiti di tipo verbale in cui ci si basa sulla conoscenza di nozioni di tipo scolastico e sulla capacità di elaborarle verbalmente). Ci sono inoltre altre prove che compongono questi test, le quali possono essere ricondotte alla velocità di processamento (velocità con cui il cervello sarebbe in grado di elaborare le informazioni) e alla memoria di lavoro (capacità di mantenere delle informazioni in memoria e compiere con esse delle elaborazioni). Questo aspetto è molto interessante perché secondo molti studi, i risultati ottenuti nelle prove di memoria di lavoro e di velocità di processamento sembrerebbero in grado di spiegare la maggior parte dei risultati nei test di intelligenza fluida.

Sebbene molti studiosi ritengano ormai il QI un concetto superato, questo resta un punto cardine nella definizione di alcuni disturbi e quindi la sua misurazione rimane essenziale ai fini diagnostici. Continua inoltre ad essere uno strumento che può dare delle informazioni importanti seppur da usare con cautela visti gli enormi limiti teorici.

Per tirare le somme potremmo dire che i test del QI sono delle prove che cercano di collocare le persone su una scala di funzionamento intellettivo la cui fascia di prestazione è definita in rapporto (scostamento) alla media (100). Nonostante i loro grandi limiti, questi punteggi continuano ad essere usati perché permettono in parte di stimare il grado in cui una persona sarà capace di far fronte agli impegni di studio e lavorativi.

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