Il miglioramento della prevenzione e della cura di molti disturbi ha contribuito all’aumento della dell’età media della popolazione, con un conseguente incremento delle patologie legate all’invecchiamento come la demenza. Data l’assenza di cure disponibili, vengono oggi messe in risalto le possibilità di attuare strategie per preventive per la demenza. Tipton e Graff-Radford[2] hanno pubblicato una review nel 2018 prendendo in esame la letteratura scientifica sui fattori di rischio per la demenza e i presunti fattori protettivi.

I fattori di rischio possono essere divisi in modificabili (come il tipo di dieta, il fumo, l’assunzione di alcol, il livello di istruzione e l’attività fisica) e non modificabili (per esempio il sesso, la genetica e l’età) e questa distinzione è fondamentale perché ci permette di capire quali strategie mettere in campo per ridurre la possibilità di avere una demenza o almeno far sì che si manifesti il più tardi possibile. Proprio questo è lo scopo della review[2].

La ricerca

Gli autori hanno riassunto i risultati di molte ricerche esaminando l’effetto dei seguenti fattori di rischio e protezione:

  • Livello di istruzione. Un’alta scolarità (scuola secondaria superiore o università) è associata a una riduzione del rischio di demenza. Non è chiaro tuttavia se un’istruzione al di sopra della scuola secondaria superiore fornisca un effetto protettivo aggiuntivo.
    Un fattore innato che incide sulla scolarità è l’abilità cognitiva innata. I ricercatori riferiscono che in una ricerca longitudinale i ragazzi di 11 anni col QI più alto avevano minori probabilità di sviluppare una demenza dopo i 70 anni[3].
  • Deficit sensoriali. Gli individui cognitivamente sani che in tarda età iniziano a presentare deficit uditivi non corretti sarebbero a maggior rischio di sviluppare demenza (non è chiara invece la relazione tra deficit visivi e demenza).
  • Fattori di rischio cerebrovascolari. Anche fattori di rischio cerebrovascolari sembrerebbero aumentare la probabilità di demenza.
  • Fumo. Il fumo aumenterebbe il rischio di diverse forme di demenza, per esempio sembrerebbe aumentare la probabilità di demenza del 19,1%.
  • Depressione e ansia. La relazione tra depressione e demenza resta ad oggi complessa e non è chiaro se sia un fattore di rischio o una manifestazione stessa della demenza in età avanzata. Quello che molti studi riportano in ogni caso è l’aumento di probabilità di demenza in presenza di depressione.
  • Attività fisica. Anche se alcuni studi mostrano un’associazione tra diverse forme di attività fisica e riduzione del rischio di demenza, i risultati non sono ancora conclusivi.
  • Alcol. La relazione tra alcol e demenza non è mai stata del tutto chiarita. Sebbene siano note i rischi a livello cognitivo dettati da un ingente utilizzo cronico di alcol, gli autori della review riportano dati contrastanti circa il consumo moderato (fattore di protezione o di rischio?).
  • Dieta. In questa pubblicazione vengono citati diversi studi concordi sull’importanza di una dieta equilibrata (in particolare la dieta mediterranea e quella per controllare l’ipertensione) come fattore protettivo rispetto ai deficit cognitivi.
  • Isolamento sociale. Gli studi presi in considerazione dagli autori di questa ricerca portano a sottolineare l’importanza delle relazioni sociali e di una forte rete di supporto.
  • Assunzione di farmaci. La relazione tra assunzione di statine e calo di memoria (o addirittura come fattore protettivo per la malattia di Alzheimer) non appare acclarata; dati contraddittori emergono anche rispetto alla relazione tra utilizzo di inibitori delle pompe protoniche e maggior incidenza di malattia di Alzheimer; un alto utilizzo cumulativo negli anni di farmaci anticolinergici sembrerebbe aumentare il rischio di demenza.
  • Carenza di vitamine. Anche alcune carenze vitaminiche sono state messe in relazione all’aumento di rischio di demenza.
  • Apnee nel sonno. Le apnee ostruttive del sonno risultano in relazione a diversi cali delle performance neurocognitive e il loro trattamente sembra comportare benefici in tempi relativamente brevi (dopo 3 mesi si assiste a un aumento del volume ippocampale e di strutture prefrontali) migliorando le funzioni esecutive, la memoria, l’attenzione e il funzionamento cognitivo globale.
  • Igiene dentale. Anche la parodontite in età avanzata è stata messa in relazione all’aumento di incidenza della malattia di Alzheimer.

Gli stessi autori hanno poi passato in rassegna le ricerche sull’efficacia di alcune possibili strategie preventive:

  • Prescrizione di farmaci. Stando ai risultati esaminati in questa review, non ci sono evidenze che supportino l’utilizzo di farmaci come fattore protettivo dai deficit cognitivi.
  • Utilizzo di farmaci da banco. Neanche in questo caso sembrerebbero esserci evidenze sufficienti per indicare l’utilizzo di farmaci da banco come fattore di protezione dal declino cognitivo.
  • Training cognitivo. Cicli di stimolazione cognitiva mirata su memoria, ragionamento e velocità di elaborazione delle informazioni sembrerebbero dare risultati durevoli nel tempo (anche a distanza di 10 anni) riscontrabili sia da specifici test che da quanto riferito dai soggetti stessi.
  • Esercizio fisico. Anche se è già appurato che l’esercizio fisico sia salutare per il cervello, non sono ancora state prodotte evidenze sufficienti per sostenere che l’attività fisica aiuti a prevenire le demenze (a causa dei limiti metodologici di molte pubblicazioni).
  • Intervento multidominio. Gli autori riferiscono di uno studio in cui, a distanza di 2 anni da un percorso incentrato su training cognitivo, esercizio fisico, interventi nutrizionali e monitoraggio dei rischi vascolari, le persone mostravano un incremento delle performance cognitive rispetto a chi non aveva partecipato a questo insieme di attività[1].

Conclusioni

A conclusione del loro articolo gli autori sostengono che alcune attività associate a buona salute cerebrale siano ragionevolmente raccomandabili. Le evidenze suggerirebbero una strategia di intervento multidominio come fattore protettivo in grado di condurre ai migliori risultati. Questa strategia potrebbe essere estremamente riassunta nel seguire un dieta equilibrata (per esempio la dieta mediterranea), fare esercizio fisico, assumere la giusta quantità di vitamine, avere ritmi di vita regolare (per esempio, dare una giusta importanza al sonno), evitare il fumo e il consumo eccessivo di alcol, sottoporsi a interventi di training cognitivo e praticare attività mentalmente stimolanti.

Potrebbe interessarti anche:

Bibliografia

  1. Ngandu, T., Lehtisalo, J., Solomon, A., Levälahti, E., Ahtiluoto, S., Antikainen, R., … & Lindström, J. (2015). A 2 year multidomain intervention of diet, exercise, cognitive training, and vascular risk monitoring versus control to prevent cognitive decline in at-risk elderly people (FINGER): a randomised controlled trial. The Lancet385(9984), 2255-2263.
  2. Tipton, P. W., & Graff-Radford, N. R. (2018). Prevention of late-life dementia: what works and what does not. Polish archives of internal medicine.
  3. Whalley, L. J., Starr, J. M., Athawes, R., Hunter, D., Pattie, A., & Deary, I. J. (2000). Childhood mental ability and dementia. Neurology, 55(10), 1455-1459.
Wishlist 0
Continue Shopping