Il coinvolgimento genitoriale è considerato un ingrediente essenziale nel trattamento della balbuzie in età evolutiva [1, 2]. I genitori ricoprono infatti un ruolo centrale in molti programmi terapeutici per i bambini piccoli [3, 4, 5, 6, 7].

Tuttavia, il coinvolgimento dei genitori nella terapia si riduce progressivamente in età scolare. In uno studio qualitativo con genitori di bambini che balbettano (CWS, children who stutter) in età scolare, è stato riportato che i genitori esprimono insoddisfazione quando non vengono coinvolti nel processo terapeutico [8].

Secondo Berquez e Kelman [9], i benefici del coinvolgimento genitoriale dei CWS di qualsiasi età nella terapia sono molteplici e aiutano sia i bambini che i genitori. In primo luogo, ciò può aiutare i CWS a sviluppare determinate competenze, come ad esempio strategie per gestire la reattività emotiva [10]. In secondo luogo, è possibile che i programmi che coinvolgono maggiormente i genitori aumentino il loro senso di controllo su un problema genitoriale difficile da gestire, riducendo al contempo la loro ansia [3].

La desensibilizzazione è una tecnica comportamentale utilizzata nella psicologia del counseling per ridurre la paura, la fobia, l’ansia o la sensibilità attraverso l’esposizione ripetuta [9]. Si basa sul principio del condizionamento classico, che mira a rimuovere la risposta negativa verso una serie di stimoli (come altezze, ragni, cani) e a sostituirla con una risposta di rilassamento graduale, utilizzando il controcondizionamento [11].

In primo luogo, il terapeuta identifica le cognizioni, le emozioni e il disagio fisiologico che accompagnano uno stimolo, cercando poi di rompere il modello di fuga che mantiene l’emozione negativa [9]. Si tratta di un processo sistematico e gerarchico che avviene nel tempo. La desensibilizzazione alla balbuzie è da tempo riconosciuta come una componente importante della terapia delle persone che balbettano (PWS, people who stutter) in tutte le fasce di età [12].  

Tuttavia, nella maggior parte dei programmi terapeutici che utilizzano questa tecnica, l’attenzione è sempre posta maggiormente nel desensibilizzare la PWS, piuttosto che le persone all’interno del suo ambiente famigliare e sociale. Nel campo della balbuzie, ad oggi, il coinvolgimento dei genitori di CWS nel processo di desensibilizzazione non è stato affrontato in modo approfondito e sono necessarie ulteriori ricerche. Nel loro articolo, Berquez e Kelman spiegano perché sia invece importante coinvolgere i genitori in questo processo e propongono diversi modi in cui farlo [9].

Perché può essere utile desensibilizzare i genitori?

Diversi studi indicano che la balbuzie ha un impatto significativo sui genitori dei CWS [8, 13].   Molti genitori riferiscono una forte risposta emotiva alla balbuzie di figli e, a causa di questa risposta emotiva, descrivono una maggiore difficoltà nell’elaborare le informazioni in modo oggettivo durante la terapia [14].

Nello studio di Langevin, ad esempio, il 71% dei genitori ha riferito che la balbuzie li ha colpiti emotivamente e ha descritto una serie di emozioni, tra cui impotenza, angoscia, disperazione, tristezza, vergogna/colpa e tensione emotiva [14].

Nello studio di Plexico e Burrus [8], i genitori hanno riferito di provare stress e di dover far fronte alla pressione di essere genitori di un bambino che balbetta. Nello stesso studio, molti genitori hanno dichiarato di sentirsi a disagio nel chiedere ai figli come si sentono riguardo alla propria balbuzie, ritendendo inoltre che la balbuzie non dovesse essere tematizzata apertamente a casa, per il timore di far sentire i figli a disagio o in imbarazzo verso il loro modo di parlare. Nonostante molti genitori siano riluttanti a parlare di balbuzie con i figli, lo studio di Lau e colleghi mostra come essi diano comunque consigli ai figli su cosa fare [15].

È interessante notare che in questo stesso studio, i CWS hanno riferito di sentirsi frustrati per il modo in cui i genitori cercano di modellare la loro fluenza verbale e per il modo in cui i genitori parlano con gli altri della loro balbuzie [15].

Alcuni studi hanno dimostrato che la balbuzie può anche avere influenze negative sulle interazioni genitori-figli [15, 16], determinando una riduzione dell’attaccamento, soprattutto in termini di livelli di fiducia e attenzione percepiti [15]. Si pensa che i genitori dei CWS si impegnino di più nel rapporto con i loro figli che balbettano, tendando di compensare eccessivamente le loro difficoltà, soprattutto in termini di capacità comunicative [15].

Questo può avere delle ripercussioni sugli altri membri della famiglia, portando i genitori a mostrare un trattamento di favore nei confronti dei CWS, dandogli più attenzioni e mostrando un atteggiamento generalmente più positivo rispetto ai fratelli/alle sorelle [17].

Appare dunque chiaro che i genitori di CWS, oltre a cercare di soddisfare le esigenze dei loro figli, hanno anche esigenze proprie che devono essere affrontate in terapia. Da una prospettiva clinica, Guitar sostiene che le emozioni della famiglia possono essere una parte del motivo per cui la balbuzie può peggiorare dopo l’esordio e che il trattamento può invertire questa tendenza[18].

Le risposte dei genitori alla balbuzie dei loro figli potrebbero dunque essere guidate da un alto livello di sensibilità verso di essa e verso le risposte degli altri. Esplorare queste sensibilità e i loro effetti in terapia è quindi essenziale per un trattamento di successo, perché i genitori non possono essere coinvolti efficacemente nel trattamento se le loro reazioni impediscono loro di farlo.

Se i terapeuti aiutano i genitori a diventare più desensibilizzati verso la balbuzie, esplorando i modi di reagire ad essa e apportando piccoli cambiamenti nel loro stile genitoriale, è possibile potenzialmente produrre un cambiamento dell’intero sistema famigliare.

Secondo Kelman e colleghi, l’inclusione dei genitori nel processo terapeutico favorisce la desensibilizzazione dell’intera famiglia, creando un ambiente di accettazione delle capacità comunicative dei CWS e riducendo quindi la probabilità che questi ultimi sviluppino atteggiamenti comunicativi negativi [5, 9].

Come promuovere la desensibilizzazione nei genitori di CWS – L’approccio del Michael Palin Centre.

Il Michael Palin Centre (MPC) di Londra ha sviluppato un quadro di riferimento per la terapia della balbuzie, basato sul triangolo terapeutico [19]. In questo modello, la terapia incorpora tre macroaree (corrispondenti ai tre lati del triangolo): strategie di gestione della fluenza verbale, abilità di comunicazione sociale e aspetti cognitivi ed emotivi nel contesto dell’ambiente quotidiano dei CWS.

L’obiettivo della terapia è aiutare ogni bambino a diventare un comunicatore sicuro ed efficace, migliorando la fluenza verbale, riducendo l’impatto della balbuzie sui bambini e sui genitori, aumentando al contempo la conoscenza della balbuzie e la fiducia dei genitori e dei bambini nella sua gestione. Un concetto importante alla base del modello MPC è che i bambini non devono essere per forza fluenti per diventare comunicatori efficaci [9].

Un cerchio esterno del triangolo terapeutico rappresenta l’ambiente del/della bambino/a, che l’MPC affronta coinvolgendo pienamente i genitori nel processo terapeutico. I genitori vengono dunque considerati come esperti dei loro bambini e delle loro necessità [20].L’MPC ha esteso l’uso delle tecniche cognitivo-comportamentali (CBT) nel loro approccio terapeutico, sviluppando il cosiddetto modello di mantenimento familiare [21].

Questo modello viene utilizzato per spiegare la natura bidirezionale della balbuzie tra genitori e figli e come i pensieri e i sentimenti di ciascuno sulla balbuzie (e le loro risposte ad essa) possono contribuire al suo mantenimento. In questo modo, i genitori possono considerare come rispondono tipicamente agli episodi di balbuzie dei figli e riflettere su ciò che può, o meno, contribuire al mantenimento del problema e se desiderano gestirlo in modo diverso [9].

La logica di Kelman e colleghi per lavorare sulla desensibilizzazione è principalmente quella di ridurre la sensibilità e la reattività di bambini e genitori nei confronti della balbuzie, riducendo così le risposte comportamentali, ad esempio i comportamenti di evitamento nel bambino o i comportamenti di “salvataggio” dei genitori [9].

Ogni famiglia richiederà dunque un programma terapeutico individualizzato e l’attenzione clinica varierà a seconda dell’età del bambino, dato che le sue esigenze saranno diverse e potranno anche evolvere nel tempo a seconda di quanto tempo il bambino ha balbettato.

Le diverse aree in cui lavorare possono essere rilevanti per tutti i genitori di CWS; tuttavia, il livello di coinvolgimento dei CWS aumenterà con l’avanzare dell’età e il loro livello di consapevolezza e l’impatto della balbuzie potenzialmente aumenteranno. È importante che i terapeuti abbiano una visione chiara del motivo per cui stanno affrontando un particolare focus clinico nel processo di desensibilizzazione e degli obiettivi che vogliono raggiungere, in modo da poter lavorare su ciò di cui i genitori e i figli hanno effettivamente bisogno [22].

Qui potete trovare una tabella che offre una panoramica delle potenziali aree da affrontare durante il processo terapeutico, come promuovere la desensibilizzazione con i genitori, i risultati desiderati per i genitori e i figli, e alcune potenziali insidie e opzioni per gestirle.

Conclusioni e riflessioni per i terapeuti.

La desensibilizzazione è un processo graduale, in cui ogni famiglia e ogni individuo all’interno del sistema famigliare devono poter procedere al proprio ritmo. Per essere efficace, il processo deve essere collaborativo e guidato dal cliente, in quanto i clienti sono esperti in tutte le aree della loro vita [23].

La/Il terapeuta può attingere ad una serie di competenze di base del counseling per facilitare il processo e può promuovere sentimenti di sicurezza e fiducia attraverso la genuinità e la considerazione positiva. Inoltre, per poter sostenere i genitori nella gestione della loro sensibilità alla balbuzie, è importante che anche i terapeuti affrontino i propri sentimenti e le proprie reazioni alla balbuzie.

Essere consapevoli e gestire le proprie risposte emotive da parte del terapeuta è infatti fondamentale [24], ed è consigliabile svolgere attività di desensibilizzazione in autonomia prima di proporle in terapia.

Le attività di desensibilizzazione per i terapeuti potrebbero includere la sperimentazione dell’esperienza della balbuzie in una varietà di contesti ed il monitoraggio delle proprie risposte fisiologiche, comportamentali, cognitive e affettive, nonché la sperimentazione di una serie di risposte degli ascoltatori.

Un terapeuta che non è preparato a sperimentare la balbuzie in pubblico potrebbe non essere in grado di sostenere un paziente in questa stessa esperienza.

Bibliografia

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[22] Berquez, A., Hertsberg, N., Hollister, J., Zebrowski, P., & Millard, S. (2015). What do children who stutter and their parents expect from therapy and are their hopes aligned?. Procedia-Social and Behavioral Sciences193, 25-36.

[23] Botterill, W. (2011). Developing the therapeutic relationship: From ‘expert’ professional to ‘expert’ person who stutters. Journal of Fluency Disorders, 36, 158–173.

[24] Millard, S. K., & Cook, F. M. (2010). Working with young children who stutter: Raising our game. Seminars in Speech and Language, 31(4), 250–261.