Si parla spesso dei problemi che i bambini dislessici incontrano a scuola e di altre difficoltà associate alla dislessia. Da questo punto di vista la ricerca scientifica è molto fiorente già da parecchi anni. Al contrario, i ricercatori di tutto il mondo tendono a dare molta meno importanza alle manifestazioni della dislessia in età adulta.

Vogliamo quindi parlare oggi di una piccola review di alcuni ricercatori inglesi che hanno provato a indagare le difficoltà legate alla dislessia e le strategie di compenso. Sembrerebbe un argomento già noto ma in questo caso c’è una particolarità: in questo caso si tratta di persone erano adulte e, più precisamente, infermieri e dottori dislessici.

Benché gli autori ci tengano a chiarire che i dislessici presentano caratteristiche fra loro molto diverse, riferiscono queste difficoltà come quelle più frequenti (ovviamente non sono necessariamente tutte compresenti): lentezza nella lettura, ridotta memoria a di lavoro (che comporterebbe maggior difficoltà nella comprensione del testo scritto, nel seguire istruzioni verbali e nel fare calcoli a mente), lentezza nella velocità di processamento (a cui conseguirebbe un maggior tempo di esecuzione in compiti di lettura e scrittura), difficoltà visuo-spaziali e sequenziali.

Almeno fino a questo punto, l’articolo non sembra mettere in luce particolari differenze rispetto a quanto osservato in tutti questi anni di ricerche sui bambini dislessici…

Passando alle strategie di compenso, queste sembrerebbero le più utilizzate: utilizzo di correttori ortografici, di software ad attivazione vocale, di indici colorati, di aiuti visivi, strumenti informatici portatili, accesso ad ambienti tranquilli per studiare, ripasso di compiti difficili, maggior tempo dedicato per completare documentazioni cliniche (in luoghi silenziosi), ricontrollare le prescrizioni mediche, ripetere i nomi per ricordarli meglio, personalizzare il proprio ambiente di lavoro.

Anche su questo punto non si vedono grandi differenze rispetto a quanto comunemente applicato dai ragazzi dislessici… Dove sta la novità allora? Da nessuna parte. E allora perché parlarne? Perché giova sempre ricordare che essere dislessici non significa essere obbligati a scelte di ripiego, come potrebbero testimoniare gli infermieri e i dottori dislessici coinvolti in queste ricerche.

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Bibliografia

Locke R., Scallan S., Mann R., Alexander G, 2015. Clinicians with dyslexia: a systematic review of effects and strategies. Clin Teach. 12(6):394-8

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