L’argomento dislessia, a torto o a ragione, è sempre più discusso, soprattutto dall’entrata in vigore della famosa legge 170 del 2010. Se prima il tema era indubbiamente sottovalutato, oggi sembrerebbe di essere passati all’estremo opposto arrivando a un eccesso di diagnosi, almeno stando a quanto riportato da alcuni articoli non scientifici o epidemiologici (questi sono alcuni: articolo 1, articolo 2, articolo 3) che purtroppo a distanza di diversi anni hanno ancora molta risonanza in rete.
Ma le cose stanno realmente così?
Se da un lato è plausibile che molte valutazioni diagnostiche vengano condotte in maniera superficiale (vedi qui in cosa consiste una valutazione per sospetto DSA), questa opinione non è sufficiente per affermare che ci sia un eccesso di diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento. Sarebbe opportuno avere a disposizione dei numeri che ci consentano di dire se il numero di casi diagnosticato sia conforme alle attese (che sono molto varie ma di solito oscillano fra il 2,5 e il 3,5% della popolazione), confermando o disconfermando così l’idea sempre più diffusa secondo cui il fenomeno sarebbe sovrastimato.
In questo senso possono esserci d’aiuto i dati raccolti pochi anni fa in Friuli Venezia Giulia da Barbiero e collaboratori; in questo studio gli autori hanno reclutato casualmente 94 classi scolastiche di quarta primaria, coinvolgendo a valutazione diagnostica 1357 bambini. Coerentemente con le attese, il 3,1 – 3,2% del campione di bambini è risultato composto da dislessici (in base ai criteri adottati) ma “curiosamente” due terzi di loro non avevano mai ricevuto la diagnosi in precedenza nonostante fossero realmente dislessici.
Almeno in questo caso i dati sembrerebbero dire che siamo ben lontani da un eccesso di diagnosi di DSA, anzi, troppo spesso i bambini che potrebbero giovare di un’accurata valutazione non vengono identificati abbastanza precocemente.