Il disordine fonologico

Esistono bambini che, pur non avendo problematiche di tipo uditivo, anatomico, neurologico o intellettivo, producono delle parole o intere espressioni ricche di errori, a volte scarsamente intelligibili.

Come già ricordato nell’articolo sul disturbo di linguaggio

Normalmente i bambini a 18 mesi dovrebbero essere intelligibili al 25% circa delle persone con cui non vige familiarità, per passare al 50% ai 2 anni, tra il 50% e il 75% ai 36 mesi e tra il 75% e il 100% dopo i tre anni.

Pinton, Lena e Zmarich, I disordini fonetico-fonologici in I disturbi del linguaggio (eds. Marotta, Caselli) 

Certo, il linguaggio può essere incomprensibile o distorto per problemi di pura articolazione, ma è molto frequente il caso in cui il bambino è effettivamente in grado di produrre un alto numero di suoni, ma che non sia in grado di usarli nel modo corretto. Ad esempio, può dire la [p] in palla, ma ometterla in topo. Gli studi di Stoel-Gammon e Dunn citati da Bortolini (I disordini fonologici in Sabbadini (ed), Manuale di neuropsicologia dell’età evolutiva) evidenziano 6 caratteristiche del disordine fonologico:

  1. Limitato repertorio di suoni
  2. Strutture verbali sillabiche limitate
  3. Persistenza di strutture già errate
  4. Sfasamento cronologico
  5. Tipi di errori non comuni
  6. Notevole variabilità, ma senza alcun progresso

Secondo Ingram, invece, esistono quattro tipi di occorrenza e uso dei processi:

  1. Persistere di processi normali
  2. Processi insoliti e presenza di parole idiosincratiche
  3. Uso variabile dei processi
  4. Preferenza sistematica di un suono (es: tetismo)

A questi, Bortolini aggiunge, in seguito alle osservazioni dei bambini italiani, una quinta caratteristica: l’uso di processi contrastanti.

Per approfondire: Il disturbo specifico del linguaggio (DSL)

Pinton, Lena e Zmarich, I disordini fonetico-fonologici in I disturbi del linguaggio (eds. Marotta, Caselli) 

Bortolini, I disordini fonologici in Sabbadini (ed), Manuale di neuropsicologia dell’età evolutiva

Esiste una discreta letteratura sui tempi di acquisizione dei suoni (che dipende sia dalla maturazione del bambino che, banalmente, dalla comparsa dei denti) e dei processi fonologici. Anche in questo caso, rimandiamo alla letteratura specifica concentrandoci sulle anomalie.

La valutazione

Mentre per la parte testistica quantitativa rimandiamo al nostro precedente articolo sui test impiegati per la valutazione nel linguaggio del bambino, in questo paragrafo ci concentreremo sulla raccolta di un campione di eloquio da parte del bambino. Da questo semplice atto, il logopedista può ricavare una quantità enorme di informazioni. Dopo aver effettuato la trascrizione fonetica (a proposito della quale consiglio questa guida della collega Eleonora La Monaca), sarà possibile stilare il primo inventario fonetico.

L’inventario fonetico ci consente di:

  • Individuare i suoni presenti e assenti (e in quale posizione)
  • Individuare “classi” di suoni presenti e assenti

Dal punto di vista pratico esistono diversi metodi per raccogliere il campione (eloquio spontaneo, denominazione, ripetizione, sedute più o meno strutturate), così come esistono diversi criteri per valutare la presenza/assenza di un fonema a seconda della posizione (inventario secondo Stoel-Gammon, secondo Paul e Jennings, secondo Bortolini, ecc.); in questo caso è bene specificare, nella stesura della relazione, il criterio adottato. L’ideale sarebbe raccogliere un campione di 250-300 parole, ma spesso si tratta di un obiettivo irraggiungibile; Bortolini nell’introduzione al test PFLI indica come ideale un campione di circa 100 parole, ma nella pratica clinica spesso il punto di partenza è ancora più basso. L’inventario fonetico è l’obiettivo della cosiddetta analisi indipendente, quella che valuta le capacità del bambino indipendentemente dal modello adulto di riferimento.

Competenza percettiva

Il livello percettivo è spesso il punto di partenza per l’introduzione di un nuovo fonema. Il bambino, infatti, può essere in grado di articolare due fonemi diversi, addirittura riconoscerli come diversi, ma non come distinti. In questo caso diventa essenziale il lavoro con le coppie minime per a) far acquisire al bambino la distinzione tra i due fonemi e b) far comprendere al bambino che non si tratta di due suoni intercambiabili (due allofoni dello stesso fonema), ma di due fonemi diversi in grado di identificare parole diverse.

Analisi relazionale

All’analisi indipendente segue l’analisi relazionale che, al contrario, confronta la realizzazione del bambino col modello adulto.

Analisi in tratti distintivi. Come già spiegato nella parte teorica riguardante la fonologia, i tratti sono componenti più “generali” che permettono di definire classi di suoni della lingua. Individuare regolarità nell’assenza di un tratto permette di eseguire un lavoro più generalizzabile che a volte può rendere il linguaggio molto più intelligibile lavorando solo sul piano percettivo e motorio. Altrettanto importante, dal punto di vista strettamente relazionale, è individuare con quale tratto venga sostituito un determinato tratto assente (ad esempio, molto spesso le fricative sono sostituite con occlusive).

Analisi contrastiva. Si tratta del confronto, a livello segmentale, tra la produzione del bambino e quella dell’adulto. Permette di individuare rapidamente sostituzioni, distorsioni, omissioni sia qualitativamente che quantitativamente e, soprattuto, permette di vedere se il bambino utilizza i suoni per trasmettere le diversità di significato richieste dalla lingua.

Per approfondire: La valutazione del linguaggio nei bambini: i test. Parte I: fonologia, articolazione e primo linguaggio 

La valutazione del linguaggio nei bambini: i test. Parte 2: morfosintassi e semantica

Eleonora La Monaca, Guida pratica di trascrizione fonetica per logopedisti

Analisi dei processi

Lavorare sui processi significa individuare delle costanti nelle “regole” che il bambino applica nella produzione delle parole. La fonotassi, ad esempio, indica le regole di successione dei fonemi nella costruzione delle parole. Ogni lingua ha le sue regole fonotattiche (l’italiano, ad esempio, impedisce la creazione di parole con, ad esempio, la sequenza -zpg-). Si possono ravvisare, nel bambino, sistematiche “estensioni” di queste regole che portano a produzioni incomplete o distorte (pensiamo, ad esempio, alla classica cancellazione di sillaba iniziale). In questo caso il lavoro è cognitivo-linguistico e non affronta un determinato suono, ma un intero processo.

Differenza con l’analisi contrastiva. Mentre l’analisi contrastiva analizza le semplificazioni a livello di segmenti (consonanti e vocali), l’analisi dei processi mette in luce le semplificazioni che il bambino attua nella struttura delle parole e nelle classi di fonemi.

In particolare, distinguiamo due classi di errori.

Processi che semplificano la struttura fonotattica:

  1. Cancellazione di sillaba debole /’fate/ per elefante
  2. Riduzione di dittonghi /’pedi/ per piedi
  3. Cancellazione consonantica /kon’fei/ per confatti
  4. Cancellazione vocalica /’tsello/ per uccello
  5. Metatesi /fe’ke/ per caffè
  6. Epentesi /’vretro/ per vetro
  7. Armonia consonantica /’mome/ per dorme
  8. Armonia vocalica /lo’one/ per leone
  9. Riduzione del gruppo consonantico /’fate/ per frate

Processi che semplificano il sistema:

  1. Stopping (sostituzione di fricate e affricate con occlusive) /’telo/ per cielo
  2. Affricazione (sostituzione di una fricativa con un’affricata) /’tSappa/ per sciarpa
  3. Fricazione (sostituzione di occlusiva o affricata con fricativa) /sokko’lata/ per cioccolata
  4. Gliding (sostituzione di consonante con approssimante) /’aejo/ per aereo
  5. Anteriorizzazione (sostituzione di velari con alveolari o palatali) /’ota/ per oca
  6. Posteriorizzazione (sostituzione di alveolare o labiale con palatale o velare) /’nake/ per nave
  7. Desonorizzazione (sostituzione di consonante sonora con sorda) /pa’nana/ per banana
  8. Sonorizzazione (sostituzione di consonante sorda con sonora) /’bikkoli/ per piccoli

Analisi successive

Una valutazione completa può permettere di ricondurre la difficoltà del bambino a uno dei quadri del disordine fonologico visti precedentemente ma, spesso, la valutazione può (e in alcuni casi deve) essere completata con analisi successive:

  • Prassie
  • Stimolabilità
  • Acuità uditiva
  • Capacità uditivo-percettive
  • Capacità cognitive

Per approfondire: La valutazione del linguaggio nel bambino: i test (parte 1: fonologia, articolazione e primo linguaggio)

La valutazione del linguaggio nel bambino: i test (parte 2: morfosintassi e semantica)

< Parte 1: La teoria   Parte 3: La riabilitazione >

Wishlist 0
Continue Shopping