È risaputo ormai che l’età media della popolazione italiana è in costante aumento.

Questo è uno dei motivi per cui da tanto tempo molti professionisti della salute si dedicano in numero sempre maggiore alle patologie legate all’invecchiamento, tra le quali sono presenti – e con sempre maggiore frequenza – le demenze, in particolare quelle legate alla malattia di Alzheimer.

Non a caso, negli anni abbiamo dedicato molto spazio a questi argomenti; per esempio, abbiamo parlato di fattori di rischio e fattori di protezione nella demenza, e tra i fattori di protezione potrebbe esserci anche la creatività e il bilinguismo, mentre tra i fattori di rischio di potrebbero essere disturbi del sonno o la presenza di MCI.

Ci siamo dedicati anche ai test specifici per varie forme di demenza o per prevedere l’evoluzione di forme prodromiche; abbiamo anche dato spazio alle ricadute delle demenze in alcune attività quotidiane, come la capacità di guida (qui si può leggere un articolo sulla valutazione della capacità di guida nell’Alzheimer), e confrontando in questo senso 3 diversi tipi di demenza o anche soltanto l’MCI.

Infine, abbiamo dato spazio ai metodi di intervento che i professionisti della neuropsicologia possono adottare per preservare il più a lungo possibile le capacità cognitive in persone con demenza e MCI, mettendo a confronto 3 diversi tipi di stimolazione cognitiva in persone a rischio di demenza e 3 training computerizzati nell’MCI.

Negli ultimi anni si è però iniziato a parlare non soltanto di cura di patologie legate all’avanzare dell’età ma anche di invecchiamento sano. Uno dei metodi per invecchiare in maniera attiva cercando di limitare il declino cognitivo è sicuramente il training cognitivo pensato per gli anziani.

Di recente abbiamo parlato anche di questo dedicando un articolo a una ricerca[3], condotta su persone di età compresa fra i 60 e i 75 anni, in cui i partecipanti sono stati sottoposti a un breve training di memoria di lavoro di 6 incontri, mostrando miglioramenti in molte capacità cognitive (memoria di lavoro, velocità di elaborazione, funzioni esecutive e intelligenza).

Rimanendo nell’ambito dell’invecchiamento sano, oggi vogliamo parlarvi di una ricerca[2] analoga ma portata avanti su persone considerate molto anziane, cioè di età compresa tra i 75 e gli 85 anni di età.

La ricerca

In questo studio Borella e colleghi, utilizzando un protocollo di trattamento della memoria di lavoro già applicato in altre ricerche e su diverse popolazioni cliniche e sane, hanno applicato un breve training di memoria di lavoro di soli 6 incontri e un gruppo di persone sane ma di età avanzata.

Nello specifico, sono state confrontate le performance cognitive di un gruppo di 18 persone (con 79 anni di età media) con quelle di un altro gruppo di 14 persone (sempre di 79 anni di età media). Il primo gruppo partecipava al training di memoria di lavoro mentre il secondo gruppo svolgeva altri tipi di attività per un tempo analogo. Per confrontare i miglioramenti, entrambi i gruppi sono stati sottoposto, prima e dopo il training, a una valutazione neuropsicologica incentrata sui seguenti punti:

  • Memoria di lavoro, valutata con un test (Catecorizzation Working Memory Span[5]) simile alle attività svolte durante i 6 incontri;
  • Inibizione cognitiva, valutata col numero di parole erroneamente rievocate (tratte dal BAC[5]);
  • Funzionamento quotidiano, valutato tramite l’Everyday Problems Test[1] e il Timed instrumental activities of daily living tasks[7];
  • Compiti cognitivi correlati ad attività quotidiane, tramite la comprensione e rievocazione di descrizioni spaziali[7];
  • Memoria a lungo termine, tramite compito di associazione faccia-nome[4].

I risultati

Osservando i punteggi prima de trattamento, dopo il trattamento e dopo 6 mesi, e confrontando i due gruppi, è emersa un’efficacia del training di memoria di lavoro soprattutto sulla memoria di lavoro, sulle abilità di vita quotidiana e sulla capacità inibitoria (in pratica, tra post-test e follow-up, i partecipanti al training di memoria di lavoro miglioravano in tutti i test somministrati, a eccezione dell’associazione faccia-nome).

Conclusioni

Questa ricerca sembra indicare la possibilità di migliorare le performance cognitive anche in età molto avanzata, portando a ricadute positive anche su abilità di vita quotidiana delle persone anziane.

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Bibliografia

  1. Borella, Erika, et al. “Quotidiana-mente.” La Valutazione dell’autonomia Funzionale e Dell’auto-percezione di Fallimenti Cognitivi in Adulti-anziani.[Assessing Functional Autonomy and Self-perceived Cognitive Failings in Adults]. Milan, Italy: FrancoAngeli(2017).
  2. Borella, E., Cantarella, A., Carretti, B., De Lucia, A., & De Beni, R. (2019). Improving Everyday Functioning in the Old-Old with Working Memory Training. The American Journal of Geriatric Psychiatry.
  3. Brum, P. S., Borella, E., Carretti, B., & Sanches Yassuda, M. (2018). Verbal working memory training in older adults: an investigation of dose response. Aging & mental health, 1-11.
  4. Cavallini, E., Pagnin, A., & Vecchi, T. (2003). Aging and everyday memory: the beneficial effect of memory training. Archives of gerontology and geriatrics37(3), 241-257.
  5. De Beni, R., Borella, E., Carretti, B., Marigo, C., & Nava, L. A. (2008). BAC. Portfolio per la valutazione del benessere e delle abilità cognitive nell’età adulta e avanzata [The assesment of well-being and cognitive abilities in adulthood and aging]. Firenze, Italy: Giunti OS.
  6. Owsley, C., Sloane, M., McGwin Jr, G., & Ball, K. (2002). Timed instrumental activities of daily living tasks: relationship to cognitive function and everyday performance assessments in older adults. Gerontology48(4), 254-265.
  7. Pazzaglia, F., De Beni, R., & Meneghetti, C. (2007). The effects of verbal and spatial interference in the encoding and retrieval of spatial and nonspatial texts. Psychological Research71(4), 484-494.