Le evidenze scientifiche sostengono l’idea che la balbuzie sia un disturbo complesso e multidimensionale, caratterizzato non solo dalla presenza di disfluenze (o aspetti overt), ma anche da una serie di aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali (detti aspetti covert o “nascosti”) [1,2]. Per effettuare una valutazione completa in ottica ICF [3] è necessario identificare tutte le dimensioni del disturbo rilevanti per la persona che balbetta. In questo modo sarà possibile stabilire obiettivi terapeutici specifici e rilevanti per il paziente, sviluppando quindi un trattamento multidimensionale.

Le ricerche dimostrano che le difficoltà psicologiche associate alla balbuzie iniziano a svilupparsi durante gli anni dell’inserimento scolastico [4]. I bambini che balbettano in età scolare possono subire atti di bullismo, prese in giro e sviluppare ansia sociale a causa della loro balbuzie [5]. Le esperienze accumulate in questi anni possono portare allo sviluppo di comportamenti di evitamento, emozioni e pensieri negativi che possono influenzare la loro interazione con gli altri [6]. Di conseguenza, sarebbe auspicabile lavorare in ottica multidimensionale già a partire da questa fascia di età.

Basandosi sulle evidenze scientifiche riguardanti gli aspetti overt e covert della balbuzie, Healey e Trautmann hanno sviluppato il modello CALMS, acronimo di Cognitive, Affective, Linguistic, Motor and Social Model of Stuttering (Modello cognitivo, affettivo, linguistico, motorio e sociale della balbuzie) [8]. Il modello CALMS è stato pensato per effettuare una valutazione olistica della balbuzie in età scolare e per delineare quindi un approccio completo al trattamento in questa fascia di età. Questo modello può dunque essere utilizzato come riferimento dei logopedisti per orientarsi al meglio nella valutazione e nel trattamento della balbuzie in età scolare. Di seguito illustreremo le varie componenti del CALMS e alcuni suggerimenti su come valutarle e integrarle nella terapia.

La componente cognitiva

Questa componente si riferisce ai pensieri e alla percezione della balbuzie da parte del bambino, compreso il loro livello di consapevolezza del disturbo [9]. Per poter valutare questo aspetto è possibile utilizzare la versione italiana della BAB (Batteria per l’assessment cognitivo-comportamentale ed emotivo della balbuzie) [10] o la versione italiana (attualmente in fase di validazione) dell’OASES (Overall Assessment of the Speaker’s Experience of Stuttering) [11].

Il trattamento di questa componente prevede una vera e propria psicoeducazione, guidando il bambino verso la comprensione dei pensieri e degli atteggiamenti relativi alla balbuzie e al parlare in generale [8]. Affinché i bambini possano cambiare il loro modo di parlare, è importante che acquisiscano una conoscenza di base dei meccanismi dello speech, di cosa succede quando parlano fluentemente e quando balbettano, oltre a informazioni sulla comunicazione e sulle abilità che rendono una persona un comunicatore efficace [12]. È importante inoltre insegnare al bambino quali strumenti siano necessari per cambiare pensieri e comportamenti. Capire che il cambiamento non è facile, che richiede tempo e che può far paura sono tutte nozioni essenziali che vanno apprese in questo processo. Idealmente, il bambino dovrà diventare consapevole di possedere già i punti di forza e le abilità necessarie per realizzare il cambiamento desiderato [13]. L’obiettivo finale è che il bambino sia in grado di identificare i cambiamenti nel proprio eloquio e nella propria comunicazione.

La componente affettiva

Questa componente si riferisce alle emozioni e agli atteggiamenti del bambino verso la balbuzie e verso il parlare in generale. Le emozioni negative possono includere paura, frustrazione, ansia, tristezza, rabbia, senso di colpa e/o vergogna [14]. Anche in questo caso, è possibile valutare questi aspetti con strumenti come la BAB o l’OASES.

Con l’aumentare della propria conoscenza della balbuzie, una certa riduzione dei pensieri e delle emozioni negative può avvenire spontaneamente. Tuttavia, è importante concentrarsi direttamente sui pensieri, gli atteggiamenti e i sentimenti negativi durante la terapia, poiché spesso questi sono piuttosto radicati nella visione che il bambino ha di sé e della propria balbuzie [9]. Per trattare questo aspetto viene spesso utilizzata la balbuzie volontaria (o pseudobalbuzie). In questo modo, i bambini sperimenteranno la balbuzie in maniera controllata, assistendo ad una riduzione delle emozioni negative. Una variante di questa attività consiste nel balbettare volontariamente con diversi gradi di tensione. Questo può anche aiutare i bambini a riconoscere lo sforzo mentre parlano e a capire che possono balbettare in modo più rilassato. È importante inoltre spronare i bambini a parlare apertamente dei loro pensieri e sentimenti, per favorire in loro la capacità di accorgersi di quando, ad esempio, si sentono molto ansiosi per un’imminente situazione comunicativa e per metterli nelle condizioni di rispondere ai loro pensieri negativi, sfidando questi pensieri piuttosto che permettere all’ansia di controllare il loro comportamento [9].

La componente linguistica

Questa componente si riferisce alle abilità linguistiche del bambino e al loro impatto sulla balbuzie. Valutando questo aspetto è possibile determinare se il bambino presenta o meno disturbi linguistici concomitanti o debolezze in alcuni aspetti del linguaggio. Per questa componente è dunque possibile utilizzare batterie standard per la valutazione del linguaggio, come la Batteria per la Valutazione del linguaggio in Bambini dai 4 ai 12 anni (BVL) [14] o la batteria di valutazione neuropsicologica per l’età evolutiva per bambini dai 5 agli 11 anni (BVN 5-11) [15].

La modulazione della lunghezza e della complessità degli enunciati rappresenta un aspetto importante quando si insegna ai bambini a modificare il loro eloquio per aumentare la fluenza [8]. Le nuove abilità vengono esercitate prima con singole parole, poi con frasi e così via, fino a quando il bambino non sarà in grado di parlare in modo più fluente in conversazioni e racconti. Oltre ad aumentare attentamente la lunghezza e la complessità del linguaggio, è importante considerare alcuni aspetti pragmatici. Sebbene i bambini che balbettano non differiscano in generale dai bambini normofluenti per quanto riguarda le abilità pragmatiche, alcuni aspetti della pragmatica sono noti per incrementare la balbuzie. Ad esempio, è più probabile che i bambini balbettino quando pongono una domanda e quando l’argomento della conversazione è sconosciuto [8]. Inoltre, siccome i bambini che balbettano tendono ad evitare abitualmente la partecipazione verbale, potrebbero avere difficoltà nel portare avanti una conversazione. Potrebbe dunque essere utile lavorare anche su questi aspetti nel trattamento, identificando diversi modi per introdurre un argomento di conversazione e possibili domande da porre all’interlocutore per continuare la conversazione.

La componente motoria

Questa componente riguarda il controllo sensomotorio durante l’articolazione dello speech e dunque gli aspetti manifesti (overt) della balbuzie. Devono essere valutati il tipo, la frequenza e la durata delle disfluenze e la presenza di tensione durante gli episodi di balbuzie. Per valutare questa componente è possibile utilizzare strumenti come lo Stuttering Severity Instrument-4 (SSI-4) [16].

La componente motoria può essere trattata con l’apprendimento di tecniche di miglioramento della fluenza (fluency shaping) e di gestione della balbuzie (modificazione). Per facilitare l’apprendimento di queste tecniche, il/la logopedista deve essere in grado di creare determinate condizioni comunicative per aumentare le probabilità di successo. La generalizzazione delle abilità apprese al di fuori della terapia gioca un ruolo molto importante in questo contesto. La generalizzazione è meglio supportata quando il bambino può scegliere con chi esercitarsi, a quale livello di complessità linguistica, con quanti ascoltatori presenti, il tipo di feedback desiderato e così via [8]. A seconda della situazione, potrebbe essere utili insegnare ai bambini entrambi i tipi di tecniche, per ridurre da una parte la frequenza degli eventi di balbuzie e per ottenere dall’altra una maggiore fluenza nel caso in cui si dovessero verificare eventi di balbuzie [17]. Esempi di tecniche di fluency shaping sono il rallentamento del ritmo generale dell’eloquio attraverso uno speech prolungato, l’utilizzo di pause per prolungare la pianificazione e l’esecuzione motoria dello speech e l’inizio della prima parola di una frase in modo più semplice e rilassato [18]. Fra le tecniche di modificazione della balbuzie abbiamo ad esempio i preparatory set, il pull-out (o correzione nel blocco) e le cancellazioni, da utilizzare rispettivamente, prima, dopo e durante un episodio di balbuzie [19].

La componente sociale

Quest’ultima dimensione del CALMS si riferisce al grado di impatto sociale della balbuzie sul bambino. È importante valutare diversi aspetti, fra cui la frequenza con cui il bambino evita determinate parole o una serie di situazioni comunicative, la frequenza con cui balbetta in determinate situazioni e l’impatto della balbuzie nella partecipazione ad attività scolastiche tipiche. Come nel caso della componente cognitiva ed emotiva, è possibile valutare questi aspetti utilizzando strumenti come la BAB o l’OASES.

Come sappiamo, molte persone che balbettano cercano di gestire la loro balbuzie con comportamenti di evitamento. Sebbene evitare suoni o parole specifiche, o addirittura evitare di parlare quando si prevede di balbettare, possa avere il risultato a breve termine di ridurre la balbuzie, questi comportamenti spesso si traducono in un aumento della paura di balbettare [20]. Puntare sui comportamenti di evitamento in terapia è un modo efficace per aiutare i bambini che balbettano a comunicare più liberamente, decidendo quando, dove e quanto parlare in base alle loro preferenze o ai loro obiettivi personali, piuttosto che in base alla necessità di evitare di balbettare [21].  La riduzione dei comportamenti di evitamento può portare anche ad una riduzione generale delle emozioni negative, ad una maggiore fiducia in sé stessi e ad un miglioramento nel rapporto con i coetanei [20]. Un altro obiettivo è quello di assistere i bambini nell’identificazione dei comportamenti di bullismo che potrebbero subire da parte dei coetanei e nell’elaborazione di metodi per gestirlo, attraverso determinati modi di rispondere alle provocazioni ma anche educando la classe sulla balbuzie. Le evidenze suggeriscono infatti che le persone che balbettano sperimentano spesso reazioni negative da parte degli ascoltatori, e che sono soggetti a stereotipi e stigma associati alla loro balbuzie [22]. È dunque probabile che anche gli insegnanti e gli altri adulti presenti nella vita del bambino, oltre che ai coetanei, abbiano atteggiamenti di questo tipo verso la balbuzie [5]. Per questo motivo, è opportuno preparare il bambino in età scolare che balbetta ad affrontare in modo proattivo le reazioni negative degli ascoltatori o le false supposizioni sulle persone che balbettano, imparando ad autodifendersi. I bambini potrebbero ad esempio imparare a richiamare in modo appropriato chi tenta di completare le frasi al posto loro, a fornire informazioni corrette quando qualcuno esprime un’idea sbagliata sulla balbuzie o a educare le persone sulla balbuzie e su come parlare e interagire con loro in modo utile e rispettoso. Per poter integrare al meglio questa componente nella terapia, è necessaria però una collaborazione fra logopedisti e insegnanti nei primi anni di scuola.

CONCLUSIONI

La balbuzie nei bambini in età scolare è un disturbo complesso e multidimensionale. Una valutazione attenta e completa di tutti gli aspetti della comunicazione fornisce le informazioni necessarie su cui basare un piano di trattamento completo e multidimensionale. Quando tutti gli aspetti rilevanti del disturbo sono inclusi come obiettivi nel piano di trattamento, è probabile che i cambiamenti che derivano dalla terapia siano più duraturi. Inoltre, quando i bambini e i loro alleati sono coinvolti nell’intero processo terapeutico, questo porta a una maggiore motivazione e allo sviluppo di un senso di agency che, in ultima analisi, favorisce lo sviluppo di abilità di autogestione.

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