Non tutti sanno che la scrittura di ogni persona possiede delle caratteristiche che restano pressoché invariate anche al mutare di molte condizioni: si tratta dell’omotetia e dell’isocronia.
Che cosa sono l’omotetia e l’isocronia?
L’omotetia si riferisce al rapporto fra la durata dei singoli atti motori che compongono la scrittura, che resta costante sia al variare della velocità che al variare della dimensione dei caratteri. Per fare un esempio, se scrivessimo la stessa parola lentamente e poi velocemente, il tempo passato a scrivere una specifica lettera (come la c di casa), in rapporto al tempo totale impiegato per tutta la parola, sarebbe sempre lo stesso.
L’isocronia riguarda invece il rapporto tra velocità di scrittura e lunghezza della traiettoria. Detto in altri termini, all’aumentare o al diminuire della grandezza dei caratteri con cui scriviamo a mano, il tempo che impieghiamo è approssimativamente lo stesso. Se scrivessimo spontaneamente casa e poi, successivamente, ci imponessimo di scriverlo grande il doppio, nel secondo caso impiegheremmo all’incirca lo stesso tempo (e non il doppio, come ci si potrebbe aspettare).
La ricerca
Un gruppo di ricercatori[2], utilizzando un campione di 298 bambini suddiviso in 5 fasce d’età, hanno analizzato la cinematica della scrittura di questi ultimi chiedendo loro di scrivere una parola spontaneamente oppure facendo cambiare la dimensione (grande/piccolo), il carattere (stampatello/corsivo) e la velocità (lentamente/velocemente).
I risultati
Già dal primo anno di scuola elementare i bambini hanno dimostrato di scrivere secondo i principi di omotetia e isocronia e, data questa precocità, è lecito supporre che determinate caratteristiche che regolano la scrittura siano già presenti ancora prima dell’inizio della scolarizzazione e non sembrano essere apprese. Al contrario, si potrebbe dire che siano queste caratteristiche a influenzare l’apprendimento della scrittura.
Questi risultati potranno forse avere importanti ricadute cliniche, soprattutto in ambito diagnostico. Alcuni degli autori di questa ricerca mostravano già in precedenza[1] come i disgrafici e dislessici non riuscissero a rispettare i principi di omotetia e isocronia, mostrando così, una volta in più che le caratteristiche di questi disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) non deriverebbero da inadeguato insegnamento, bensì sarebbero tratti distintivi di questi bambini già prima di essere esposti agli insegnamenti scolastici.
Di conseguenza è possibile che in futuro si sviluppino test basati su queste abilità consentendo di individuare alcuni DSA più precocemente di quanto si riesca a fare oggi.
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Bibliografia
- Pagliarini, E., Guasti M. T., Tonetto C., Granocchio E., Riva F., Sarti D., Molteni B. Stucchi, N. (2015). Dyslexic children fail to comply with the rhythmic constraints of handwriting. Hum. Mov. Sci 42, 161–182
- Pagliarini E., Scocchi L., Vernice M., Zoppello M., Balottin U., Bouamama S., Guasti M. T., Stucchi S. (2017). Children’s first handwriting productions show a rhythmic structure. Scientific Report. 7: 5516, 1-10