L’ictus è una delle principali cause di morte e disabilità al mondo nella popolazione adulta. Poiché avviene all’improvviso, i suoi effetti sulla vita delle persone e sul loro benessere psicosociale è spesso devastante. Possiamo definire il benessere psicosociale come uno stato di soddisfazione, un concetto di sé caratterizzato da autoaccettazione, senso di utilità e confidenza nelle proprie abilità. Questa rete di fattori sociali, pensieri e comportamenti viene purtroppo colpita dagli eventi successivi all’ictus, trasformandosi in ansia e depressione.
Secondo le stime, circa un terzo di coloro che sopravvivono all’ictus riferiscono sintomi depressivi, e il 20% riporta ansia post-ictus. La prevalenza della depressione post-ictus rimane alta, persistendo anche 5 anni dopo l’evento. Le difficoltà di tipo psicosociale hanno un impatto significativo sulla qualità della vita e riducono l’efficacia dei servizi di riabilitazione.
In passato si riteneva che interventi mirati potessero migliorare il benessere psicosociale; purtroppo, le evidenze hanno spesso dimostrato il contrario. Tuttavia, in un articolo pubblicato nel 2020, Kildal Bragstad e colleghi [1] hanno proposto un intervento basato sul dialogo per promuovere il benessere psicosociale.
L’obiettivo era quello di valutare l’efficacia del trattamento sul benessere psicosociale dei soggetti a 12 mesi dall’ictus. Per lo studio sono stati selezionati 322 adulti con ictus recente (4 settimane), assegnati in modo casuale al gruppo sperimentale e di controllo. Il gruppo sperimentale ha preso parte a otto sessioni individuali da 60-90 minuti nei primi sei mesi dallo stroke.
Sono stati poi raccolti dati relativi al benessere psicosociale dei soggetti attraverso questionari (General Health Questionnaire-28, Stroke and Aphasia Quality of Life Scale-39g, Sense of Coherence Scale e Yale Brown single-item questionnaire) a 4-6 settimane, a 6 mesi e a 12 mesi dopo l’ictus.
I risultati di questa ricerca non hanno mostrato differenze nel benessere psicosociale dei soggetti nei due gruppi a 12 mesi. Per quanto riguarda gli effetti sulla qualità della vita si è riscontrato un miglioramento durante l’intervento che non si è, tuttavia, mantenuto a 12 mesi dall’ictus.
Da questo primo studio si può concludere che, nonostante altra ricerca possa ancora essere fatta in questo ambito, non ci sono in questo momento le condizioni per raccomandare un intervento basato sul dialogo per ridurre lo stato di depressione e ansia dei pazienti con ictus.