La malattia di Alzheimer, la demenza vascolare, la demenza frontotemporale e la demenza a corpi di Lewy rappresentano le forme più comuni di demenza[2]. Nelle fasi precoci di queste patologie si possono osservare differenti tipi di alterazioni cognitive. Per esempio, nell’Alzheimer si assiste frequentemente a deficit di memoria, la demenza vascolare è solitamente associata a rallentamento cognitivo, la demenza frontotemporale spesso esordisce con problemi comportamentali o linguistici mentre la demenza a corpi di Lewy si caratterizza in molti casi per alterazioni visuo-spaziali.

È lecito quindi aspettarsi che queste differenti anomalie cognitive abbiano diverse ripercussioni sulla capacità di guida. Ciononostante molte persone con demenza continuano a guidare[5], rendendo quindi necessario in questi casi trovare adeguate modalità di valutazione delle capacità di guida.
A questo proposito abbiamo già discusso in passato di ricerche sulla valutazione neuropsicologica per la capacità di guida nella malattia di Alzheimer (vedi anche il nostro articolo “malattia di Alzheimer e capacità di guida”), nell’MCI (vedi anche il nostro articolo “MCI e capacità di guida”) e nella sclerosi multipla (vedi anche il nostro articolo “sclerosi multipla: deficit cognitivi e capacità di guida”).

In due delle ricerche appena menzionate[3][1] gli studiosi hanno messo a punto un algoritmo diagnostico in grado di discriminarein maniera sufficientemente accurata, tra le persone con MCI o con malattia di Alzheimer, i soggetti in grado di guidare da quelli non in grado, e ciò è avvenuto incrociando i dati provenienti da valutazione neuropsicologicaintervista clinica e test di guida con un simulatore.
Questa volta invece i ricercatori[4] hanno deciso di testare la validità dello stesso algoritmo valutativo (valutazione neuropsicologica, simulatore di guida e intervista clinica) per identificare i soggetti affetti da demenza di tipo non-Alzheimer che non fossero in grado di guidare; in particolare si trattava di persone con demenza vascolaredemenza frontotemporale e demenza a corpi di Lewy.

La ricerca

Analogamente a quanto avvenuto nelle precedenti ricerche[1][3], anche in questo caso i soggetti sono stati sottoposti prima a valutazione neuropsicologicaintervista clinica e prova al simulatore di guida, e successivamente sono stati valutati con una prova di guida su strada per giudicare se fossero realmente idonei, potendo così confrontare le previsioni fatte in precedenza con l’algoritmo sperimentale (test neuropsicologici + intervista clinica + simulatore) fosse realmente predittivo rispetto alle capacità di conduzione di un’automobile.

I risultati

Trattandosi di un campione poco numeroso (34) i dati sono stati analizzati nel globalmente per l’intero gruppo e non è stato possibile analizzarli per sottogruppi (cioè per ogni tipo di demenza). Rispetto alle precedenti ricerche[1][3], questa volta sono emersi risultati apparentemente meno incoraggianti[4]: la combinazione delle tre fonti di informazioni (test neuropsicologici + intervista clinica + simulatore) non è risultata predittiva rispetto alle reali capacità di guida dei soggetti coinvolti, così come i risultati al simulatore di guida o quelli emersi dall’intervista clinica; al contrario, i punteggi derivanti dalla valutazione neuropsicologica sono stati gli unici in grado di predire la capacità di guida su strada (a un livello significativamente superiore a quello del caso) delle persone affette da queste forme di demenza, con un’accuratezza del 79% circa.

Pur non potendo valutare la predittività del modello per ognuno dei tre quadri clinici (per la scarsa numerosità del campione), gli autori della ricerca hanno deciso comunque di analizzare le medie dei punteggi dei soggetti nelle singole prove, dividendoli per tipo di demenza:

  • Nel gruppo con demenza vascolare si riscontravano le peggiori performance nei test neuropsicologici e nelle interviste cliniche.
  • I soggetti con demenza a corpi di Lewy erano quelli che mostravano i migliori punteggi nei test neuropsicologici.
  • Le persone con demenza frontotemporale erano quelle che si descrivevano come più capaci alla guida rispetto a quelle appartenenti agli altri due gruppi (nonostante soltanto il 33% di loro fosse risultato idoneo).

Conclusioni

Più della metà dei soggetti coinvolti nella ricerca è risultata non idonea alla prova in strada, suggerendo come i tre tipi di demenza considerati in questa ricerca (vascolare, corpi di Lewy e frontotemporale) siano dei fattori di rischio per una guida non sicura.
D’altro canto questo studio indica anche che una parte delle persone con demenza frontotemporale e demenza a corpi di Lewy potrebbe essere in grado di guidare in maniera adeguata.

Tutto ciò rende necessario lo sviluppo di metodi di indagine economici, rapidi e accurati per distinguere le persone con sufficienti capacità residue che consentano, almeno temporaneamente, di condurre adeguatamente un veicolo su strada. Va notato però che lo stesso algoritmo “diagnostico” può condurre a differenti risultati in base alle tipologie di soggetti che vi si sottopongono: se nella prima ricerca di cui abbiamo parlato[3] l’insieme di approcci valutativi risultava altamente predittivo riguardo alla capacità di guida nelle persone con malattia di Alzheimer (97% di accuratezza mettendo insieme valutazione neuropsicologica, intervista clinica e simulatore di guida; 95% di accuratezza della sola valutazione neuropsicologica) e nella seconda ricerca[1] lo stesso sistema conduceva a risultati accettabili (92% di accuratezza nel complesso; 86% di accuratezza col solo simulatore di guida; 82% con la sola valutazione neuropsicologica), in quest’ultima ricerca[4] i risultati sono stati di gran lunga inferiori (79% di accuratezza per la sola valutazione neuropsicologica).

Nell’insieme, questi risultati indicano che probabilmente i metodi di valutazione delle capacità necessarie per una guida sicura possono differire molta in base alla sindrome presentata dal soggetto e all’eziologia che ne è alla base. Prendendo a riferimento gli strumenti di indagine utilizzati nella ricerca descritta in questo articolo[4] gli autori descrivono le problematiche che potrebbero rendere meno attendibili i risultati:

  • Le interviste cliniche (in questo caso la Clinical Dementia Rating) possono avere utilità limitata in questo contesto a causa della scarsa consapevolezza che spesso caratterizza le persone con demenza circa i propri disturbi, consapevolezza che talvolta sembra mancare anche nei loro familiari.
  • I parametri utilizzati al simulatore di guida potrebbero non essere rappresentativi di tutte le situazioni critiche che una persona con demenza potrebbe trovarsi ad affrontare nel traffico automobilistico reale. Inoltre, tali parametri potrebbero avere significati opposti in base al tipo di patologia considerata (una guida rallentata potrebbe indicare un problema nella demenza vascolare e, al contrario, potrebbe essere un segnale di preservato autocontrollo nella demenza frontotemporale).
  • Dati i differenti profili cognitivi tipici dei tre tipi di demenza (per esempio, il rallentamento cognitivo, le alterazioni comportamentali o le anomalie visuo-spaziali) presi in considerazione in questa ricerca, potrebbe essere utile utilizzare test differenziati.
  • Inoltre, piuttosto che utilizzare soltanto la dicotomia idonei non-idonei nel valutare la capacità di guida, potrebbe essere più cauto dividere gli esiti in 3 categorie aggiungendo quella degli indeterminati, rimandando questi ultimi a successivi approfondimenti e diminuendo così il rischio di falsi negativi e falsi positivi.

In sintesi, in presenza di demenza appare fondamentale un’indagine neuropsicologica per cercare valutare se le capacità cognitive residue siano compatibili con una capacità di guida sicura e al tempo stesso risulta fondamentale che la ricerca vada avanti per differenziare i metodi di indagine più accurati in base al tipo di quadro clinico.

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Bibliografia

  1. Fuermaier, A. B., Piersma, D., de Waard, D., Davidse, R. J., de Groot, J., Doumen, M. J., … & Vermeeren, A. (2017). Assessing fitness to drive—a validation study on patients with mild cognitive impairment. Traffic injury prevention18(2), 145-149.
  2. Goodman, R. A., Lochner, K. A., Thambisetty, M., Wingo, T. S., Posner, S. F., & Ling, S. M. (2017). Prevalence of dementia subtypes in United States Medicare fee-for-service beneficiaries, 2011–2013. Alzheimer’s & Dementia13(1), 28-37.
  3. Piersma, D., Fuermaier, A. B., De Waard, D., Davidse, R. J., de Groot, J., Doumen, M. J., … & Ponds, R. (2016). Prediction of fitness to drive in patients with Alzheimer’s dementia. PLoS One11(2), e0149566.
  4. Piersma, D., Fuermaier, A. B., De Waard, D., Davidse, R. J., De Groot, J., Doumen, M. J., … & Vermeeren, A. (2018). Assessing fitness to drive in patients with different types of dementia. Alzheimer disease and associated disorders32(1), 70.
  5. Seiler, S., Schmidt, H., Lechner, A., Benke, T., Sanin, G., Ransmayr, G., … & Eggers, C. (2012). Driving cessation and dementia: results of the prospective registry on dementia in Austria (PRODEM). PLoS One7(12), e52710.
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