L’utilizzo di incontri a distanza, attraverso internet e dispositivi tecnologi oggi in nostro possesso, è un argomento che abbiamo già trattato a proposito della psicoterapia. L’emergenza legata al COVID-19 ha imposto a molti operatori di ambito sanitario una riflessione sulle modalità alternative di lavoro col paziente per rispettare i nuovi livelli di sicurezza richiesti. Una di queste modalità alternative è sicuramente, in ambito neuropsicologico, la teleriabilitazione.
Prima che si parlasse dell’emergenza citata, alcune ricerche erano già state condotte per valutare l’efficacia dei programmi riabilitativi utilizzati a distanza quindi senza la presenza fisica degli operatori sanitari. Una revisione della letteratura scientifica sull’argomento, condotta in Australia da Betts e colleghi nel 2018[1], ha cercato di riassumere lo stato dell’arte sull’argomento passando in rassegna diverse ricerche riguardanti la riabilitazione neuropsicologica a distanza su pazienti con trauma cranio-encefalico di età compresa fra i 18 e i 64 anni.
Che cosa ne è emerso?
Un primo dato rilevato dagli studiosi è che le ricerche sull’argomento presenti nelle banche dati scientifiche sono poche e spesso con importanti limiti metodologici. Ciononostante, gli autori ritengono che ci siano sufficienti evidenze da indicare quanto segue:
- Gli interventi a distanza possono essere efficaci quanto gli interventi di persona.
- Si ottengono risultati nella riabilitazione della memoria.
- Ci sono buoni risultati anche per gli interventi psicosociali per attenuare i sintomi depressivi.
- I maggiori risultati sono stati documenti in pazienti con trauma cranio-encefalico moderato-severo.
Mettendo insieme questi risultati, gli autori concludono circa l’utilità di questo approccio nei casi in cui ci siano impedimenti riguardo alla compresenza fisica di paziente e riabilitatore; suggeriscono inoltre che un tale tipo di trattamento potrebbe essere un valido complemento alle riabilitazioni tradizionali, potendo anche contribuire a ridurne i costi.
Tuttavia, Betts e colleghi, come anticipato, riportano numerosi limiti che emergono dalle ricerche presenti e spiegano che allo stato attuale è difficile definire molti parametri ottimali per implementare il tipo di riabilitazione a distanza più efficace, soprattutto a causa dell’eterogeneità delle ricerche considerate in questa revisione della letteratura. Sarebbe opportuno condurre ulteriori studi per capire, per esempio, quale sia il miglior tipo di approccio in base alle problematiche del paziente, la frequenza ottimale degli incontri telematici e la durate ideale di ciascun incontro.
Nonostante tutto, sembra di poter concludere che la riabilitazione neuropsicologica a distanza sia un valido approccio per aggirare le difficoltà che spesso ci impongono di non poter vedere il paziente e oggi abbiamo molti strumenti disponibili per questo, anche gratuiti. Su questo sito, nel nostro GameCenter (che stiamo rendendo utilizzabile anche in lingua inglese), c’è un’ampia gamma di app liberamente fruibili a cui ogni giorno attingono migliaia di persone fra operatori sanitari, genitori e pazienti stessi.
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