Gli script (o sceneggiature) sono dei dialoghi o monologhi che, ripetuti per periodi più o meno lunghi (almeno 3 settimane), possono portare la persona con afasia ad avere delle “isole di eloquio automatico” da utilizzare nella vita di tutti i giorni. Un esempio classico è quello della pizzeria. Si crea una serie di domande e risposte che possano portare la persona afasica a interagire col cameriere e ordinare la sua pizza preferita.

Come si potrà intuire, si tratta di un’attività da svolgere con costanza e in modo intensivo (almeno una volta al giorno fino all’avvenuta automatizzazione). Il fatto di dover ripetere tante volte queste parole, frasi o discorsi ha portato alla creazione di strumenti per esercitarsi individualmente, dai semplici video a veri e propri software (negli Stati Uniti, ad esempio, esiste AphasiaScripts).

Una critica che viene rivolta a questo approccio riguarda la generalizzazione. La persona afasica impara a memoria una serie di frasi, ma sarà poi in grado di produrne altre, anche simili, o si limiterà a ripetere quelle sulle quali si è esercitato?

Lo studio. Nel 2012 di Goldberg e colleghi [1] hanno pubblicato uno studio interessante sulla possibile generalizzazione di questi script. In particolare, gli autori si sono posti queste tre domande:

  1. Il trattamento con gli script migliorano l’accuratezza, la competenza grammaticale, la fluidità del discorso e la fluenza articolatoria negli script allenati?
  2. Il trattamento con gli script migliorano l’accuratezza, la competenza grammaticale, la fluidità del discorso e la fluenza articolatoria negli script non allenati?
  3. Il trattamento a distanza (es: videoconferenza) attraverso gli script è una soluzione valida, in combinazione con le sedute in presenza?

Due soggetti sono stati allenati con script su argomenti considerati da loro rilevanti per tre sessioni a settimana (attraverso le videochiamate) da 60-75 minuti più 15 minuti di esercizi a casa in autonomia.

Risultati. I risultati migliori sono stati ottenuti sulla velocità di eloquio, ma si sono riscontrati risultati positivi anche sulla riduzione delle disfluenze e sull’utilizzo delle parole e frasi allenate. Si è riscontrata anche una buona generalizzazione a script non allenati, con uno dei due partecipanti che ha usato uno script allenato (sulla politica) per introdurre argomenti nuovi. Infine, il trattamento a distanza si è rivelato efficace, nonostante alcune difficoltà pratiche (ad esempio, la mancanza di sincronizzazione tra audio e video o dei cali di connessione che hanno portato a immagini meno definite).

L’importanza del self-cueing. Infine, un aspetto importante si è rivelato quello del self-cueing, ovvero il riuscire a produrre in autonomia una parola in grado di richiamare la parola target. Questo aspetto si è dimostrato particolarmente utile quando i soggetti non riuscivano a iniziare una frase in autonomia. Ad esempio, uno dei due partecipanti non riusciva a iniziare una frase la cui prima parola era “Will”, ma riusciva a dire il nome “William”. Usando in autonomia William come punto di partenza, è riuscito a produrre in autonomia anche la frase che iniziava con “Will”.

Conclusioni. Le limitazioni principali di questo studio riguardano ovviamente il numero esiguo di partecipanti. Inoltre, ma è una difficoltà riscontrata in tutta la letteratura sull’argomento, non è stato possibile individuare delle regole generali per scegliere gli script da allenare. Tuttavia, si tratta di uno studio interessante perché per la prima volta affronta il problema della generalizzazione, oltre a fornire ulteriori indizi sull’importanza del self-cueing.

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Bibliografia

[1] Goldberg S, Haley KL, Jacks A. Script training and generalization for people with aphasia. Am J Speech Lang Pathol. 2012 Aug;21(3):222-38.

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