La Semantic Feature Analysis è una tecnica utilizzata principalmente con le persone afasiche in cui si sfruttano i collegamenti semantici per favorire la denominazione di parole (sostantivi e verbi). A questo scopo si utilizzano dei fogli al centro dei quali viene posta un’immagine circondata da domande di tipo semantico (“A cosa serve?”, “Che cosa ti ricorda?”, “A quale categoria appartiene?”). Il terapista guida la persona afasica nel reperimento delle caratteristiche relativa alla parola, poi chiede di denominarla.
Sono nate negli anni diverse varianti che utilizzano altri tipi di relazioni: ad esempio, la Phonological Components Analysis sfrutta domande relative all’etichetta lessicale, come il numero di sillabe o la lettera iniziale.
La Semantic Feature Analysis è nata per il trattamento delle anomie relative ai sostantivi, ma molto presto ne è nata anche una versione relativa ai verbi, probabilmente per il ruolo che questi ultimi giocano nella costruzione della frase. Uno studio del 2007 di Wambaugh e Ferguson [1] mostra come in realtà la Semantic Feature Analysis dei verbi ottenga risultati molto più modesti rispetto a quella dei sostantivi.
Nel loro recente volume, Gilardone e Papagno [2] individuano una possibile causa nel tipo di domande che sono state poste nel caso della SFA con i verbi, ad esempio “Solitamente chi compie quest’azione?”, “Quale parte del corpo o strumento si usa per farlo?”.
Si tratta, in realtà, di domande che hanno come risposta dei sostantivi. Per questo motivo gli autori suggeriscono di sostituirle con domande che forzino l’evocazione di verbi, come ad esempio:
- Che cos’altro si fa in quel luogo?
- Cosa si fa prima/dopo?
- Cosa si può fare nel mentre?
- Un altro modo di chiamare quell’azione?
- Qual è l’azione opposta?